E se si fosse chiamata Nut oppure Nutosa, o Nutola, o anche Nusty, come sarebbe potuto succedere, avrebbe avuto lo stesso successo? Domanda oziosa: la Nutella è Nutella anche perché si chiama così. Se non avesse avuto nome Nutella, sarebbe stata un’altra cosa. Punto.
Quando Michele Ferrero lo ha scelto, era ovviamente speranzaso, ma certo non si rendeva conto che il 20 aprile 1964 sarebbe uscito dalle linee della sua azienda il primo dei barattoli di un prodotto destinato a diventare uno dei più clamorosi successi industriali di sempre, e non solo nel settore alimentare.
Oggi, nel mondo, Nutella significa made in Italy quanto Ferrari.
8Non a caso le Poste italiane nel 2014 ne hanno celebrato il cinquantenario emettendo un francobollo in suo onore, accanto ad altri due che ricordano i 450 anni dalla nascita di Galileo e dalla morte di Michelangelo.
La Nutella è figlia della perseveranza e
della tenacia di Pietro Ferrero mirata a ottenere un cioccolato a basso costo che potesse diventare la merenda dei bambini .
Se la Nutella ha una data di nascita ben precisa, la storia del rapporto tra Torino e la cioccolata risale a qualche secolo prima. Emanuele Filiberto, duca di Savoia, dopo esser stato al servizio di Carlo Vedi Filippo II, rientra nel 1557 da Madrid a Chambery e tre anni più tardi trasferisce a Torino la capitale del suo stato. Assieme alla corte sabauda, giunge al di qua delle Alpi una novità da poco arrivata dall’America: la cioccolata.
Un secolo dopo Torino diventerà un importante centro di produzione di cioccolato, capace di esportarlo in mezza Europa.
Ad Inizio ‘800 l’Europa e l’Italia sperimentano il blocco commerciale imposto dalla Gran Bretagna al continente controllato da Napoleone. Il cacao non arriva quasi più, quel poco che c’è si trova a prezzi da gioielleria: i cioccolatieri sono costretti a spremersi le meningi per non chiudere. Quelli di Torino cominciano a guardarsi attorno. Non tanto lontano, sulle colline delle Langhe, si raccolgono quintali di ottime nocciole di cui però nessuno sa bene cosa fare. Non è che si possa sostituire, almeno in parte, il cacao con le nocciole? Sì che si può. All’inizio questa specie di cioccolato di guerra si produce con nocciole a pezzetti, finché a Michele Prochet nel 1852 non viene l’idea di mescolare al cacao le nocciole tostate ridotte in polvere finissima. Il nuovo cioccolato-nocciolato viene lanciato sul mercato durante il Carnevale del 1865, distribuito – oggi i pubblicitari direbbero «testimoniai d’eccezione» – ai torinesi dalla più celebre maschera della città: Gianduja. Così nasce il gianduiotto e anche a questo prodotto andrà ascritto un record: quello di diventare il primo cioccolatino confezionato singolarmente (in precedenza i cioccolatini venivano tagliati a mano da un pezzo di cioccolato più grande).
Come anticipato negli anni Venti il prodotto di punta della Ferrero era il «pastone», un cioccolato economico da mettere nel pane che sfrutta la voglia di dolce degli operai delle industrie torinesi. L’idea di Ferrero è che se fosse riuscito a fornire un prodotto dolce a basso prezzo, gli operai lo avrebbero preferito alle imbottiture salate per i loro panini. La traduzione pratica di questa idea, ovvero il «pastone», funziona e, se ci si pensa, ancora oggi, a quasi novant’anni di distanza, la Nutella è un cioccolato che si mangia sul pane.
Qualcun racconta più dettagliatamente che la Nutella è nata perché la pasta di nocciole e cioccolato dei Giunduiotti si sia sciolta negli stabilimenti aziendali. Il prodotto, che risulta molto simile all’attuale Nutella viene venduto in bicchieri o barattoli di vetro. La chiamano Supercrema e quel che ancora le manca è un nome capace di farla diventare un mito. In ogni caso ha un enorme successo: i bambini adorano far merenda con una fetta di pane spalmata di crema al cioccolato, i genitori non si oppongono: è buona e costa poco. E sanno anche che quando danno ai loro figli una tavoletta di cioccolato e del pane, spesso il pane finisce per essere buttato via di nascosto e i ragazzini si mangiano soltanto il cioccolato. In questo modo il pane viene inscindibilmente legato al cioccolato. A sud di Napoli, si registra l’ennesima prova di fantasia imprenditoriale, i rivenditori organizzano la spalmata: i bambini arrivano in negozio con una fetta di pane in una mano e nell’altra cinque lire per una spalmata leggera e dieci per una più generosa.
La Ferrero naviga col vento in poppa, ma quel nome: Supercrema è troppo lungo e non identifica il prodotto (potrebbe essere una crema di qualsiasi cosa). Inoltre, nel 1962, il parlamento italiano approva una legge che viene interpretata come un divieto di apporre prefissi accrescitivi ai nomi: niente più super, ultra, stra e poi qualcosa d’altro. La Supercrema ci ricade in pieno. Le spinte a trovare un nome più spendibile sul mercato arrivano soprattutto dalla filiale tedesca, ma nel quartier generale di Alba sono d’accordo e cominciano a pensarci su.
Il nome Nutella viene depositato il 10 ottobre 1963. Funziona: nut in inglese vuoi dire noce e lo rende adatto al mercato internazionale, -ella in italiano è un diminutivo femminile e i diminutivi infondono sensazioni positive, come tenerezza, affetto, dolcezza. Inoltre è facile da pronunciare un po’ ovunque.
Nessuno lo dice, ma il fatto di richiamare la mozzarella, ben conosciuta e identificata con un’eccellenza italiana, potrebbe aver giocato un suo ruolo. Quando la decisione è presa, viene brevettato un po’ tutto: l’accoppiata NutellaFerrero, la fetta di pane con la crema spalmata e il coltello, il barattolo dalla forma tondeggiante e allungata.
Il 1964 per l’Italia è un anno particolare: si completa tra l’altro anche l’autostrada del Sole. L’Italia si ritrova rinnovata e più ricca e la Nutella entra a pieno titolo tra i prodotti che segnano gli anni del boom.
Nel 1966, dopo la nascita della Nutella, la Ferrero dispone già di oltre duemila veicoli grazie al successo del Gianduiotto. Una pubblicazione interna all’azienda afferma che «dalla fine degli anni Sessanta, il parco automobilistico dell’azienda era inferiore solo a quello dell’esercito». I furgoni passano per i negozi prima una volta ogni due settimane, poi una volta alla settimana; i dettaglianti non devono gestire alcun ordine: quel che serve viene consegnato al momento. Il furgone-treno per bambini, un veicolo lungo ben undici metri, un’attrazione che quando arriva manda in visibilio i ragazzini di tutta Italia, fa tappa persino a Venezia, in piazza San Marco.
Al successo della crema di nocciola e cacao made in Alba concorrono un mucchio di fattori.
La confezione, innanzitutto. La Nutella viene venduta all’interno di bicchieri di vetro che, raccolti e messi assieme, finiscono per formare un servizio. Alcuni sono decorati con motivi geometrici, altri con personaggi dei fumetti, ancora oggi risultano ampiamente presenti tra gli oggetti scambiati dai collezionisti su eBay.
Il bicchiere allevia il senso di colpa dei genitori che comprano sì una merenda al cioccolato ai bambini, ma alla fine resta qualcosa, un oggetto utile, un contenitore che permette di giustificare alla propria coscienza l’acquisto del contenuto, di espiare il peccato di gola commesso. Il bicchiere della Nutella è il cavallo di Troia che fa entrare nelle case degli italiani un alimento, il cioccolato, che veniva tenuto a rispettosa distanza. Parafrasando Marshall McLuhan, sociologo canadese e studioso della comunicazione, la Nutella è il messaggio, il barattolo il medium.
L’altra grande, fondamentale, intuizione che ha fatto della Nutella la crema spalmabile leader nel mondo e della Ferrero un colosso industriale è stato l’uso della pubblicità.
La Nutella è un prodotto con forte resistenza al consumo e all’acquisto, come direbbero gli esperti di marketing. Finisce il barattolo? Non ne compro subito un altro perché so già che finirebbe presto pure quello. E poi mi vengono i brufoli e magari pure ingrasso. Allora aspetto. Quindi la pubblicità è fondamentale per mantenere alti i livelli di vendite. L’azienda ha da subito intuito la potenza della televisione per vendere prodotti di massa e per anni si è ritrovata tra i maggiori investitori pubblicitari della tv italiana. Ha creato testimoniai indelebili, come il cartone animato di Jo Condor, in onda tra il 1971 e il 1976 – ancora oggi citato da chi ha tra i quaranta e i cinquanta anni ispirato da un film americano in cui Spencer Tracy faceva il pilota.
Una merenda così di culto non può che diventare oggetto di culto. E infatti ci pensa Nanni Moretti a santificarla. Il regista, nel suo film Bianca (1984), si abbuffa di notte da un barattolone di Nutella alto quasi un metro .
Insomma Nutella è la vera storia di come fare comunicazione e marketing!!!

cit. “Tratto dalla sua vera storia”

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